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02/11/12

81 - Movember

Non porto i baffi. Porto la barba, la indosso con eleganza tutto il giorno per poi toglierla e metterla sul comodino prima di addormentarmi. Alle volte la dimentico lì dalla sera prima e così devo andare in giro sbarbato e con l'arrivo dell'autunno e dell'inverno, si sa, avere qualche pelo in più aiuta a coprirsi dal freddo.
Devo dire anche che la barba mi dona, mi rende affascinante, anche se mi fa più vecchio e mi consente di aumentare a dismisura la mia modestia.

Ma i baffi.
No quelli no. Non li ho mai indossati. Quando ho provato a tenerli è stato solo per pochi secondi, il tempo di guardarmi allo specchio e di urlare di terrore ed erano già spariti, volatilizzati. I baffi non li ho mai portati e mai lo farò. Mai. Anzi forse per una buona causa si può anche fare un sacrificio (sottolineamo bene: il sacrificio lo faranno gli altri guardando il mio splendido baffo tagliato e curato) e questa causa sta per arrivare.

Si tratta del Movember. Si, con la "emme".
Piccola analisi storica.

"Nel 1999, ad Adelaide, un gruppo di giovani uomini decise di farsi crescere i baffi per beneficenza durante il mese di novembre. Pensarono di ribatezzare il mese Movember, dall'unione delle paroel Moustache e november.

Nel 2003 un nuovo gruppo nacque a Melbourne con 30 uomini che si facevano crescere i baffi per 30 giorni con lo scopo di attirare l'attenzione sulle tematiche del cancro alla prostata e della depressione maschili."

Da allora il movimento del Movember ha raccolto più di 174 milioni di Dollari in tutto il mondo, ed ha continuato a crescere incessantemente raggiungendo Sud Africa, Europa e Nord America.
Nel 2010 i soli partecipanti registrati in USA hanno raccolto più di 7.5 milioni di Dollari.
In Italia siamo attivi dal 2010 ed abbiamo iniziato con piccoli gruppi sparsi qua e là, con l'obiettivo, però, di raggiunere il livello degli altri Stati partecipanti.
 
Ogni anno durante il mese di novembre, Movember è responsabile dello spuntare di baffi su migliaia di facce maschili in tutto il mondo, il cui scopo è di raccogliere fondi necessari alla ricerca e alla prevenzione del cancro alla prostata e delle malattie maschili in generale.
Il primo di novembre coloro che aderiscono al movimento si registrano sul sito Movember.com, si radono e per il resto del mese, questi altruisti e generosi ometti conosciuti come "Mo Bro" crescono, tagliano e curano il loro mustaccio. Supportati dalle loro donne "Mo Sista", i Mo Bro raccolgono fondi per supportare la causa.
I Mo Bro camminano, parlano ed in generale fanno pubblicità per i 30 giorni di novembre, e attraverso le loro azioni e le loro parole cercano di portare alla luce i problemi della salute maschile.
Alla fine del mse i Mo Bro e le Mo Sista celbrano il loro valore organizzando i "Mo Party" o partecipando ad uno di essi presenti in tutto il mondo.
Ci si presenta al Mo Party vestiti a tema col proprio baffo e ogni Mo Bro che è accompagnato deve far vestire la ragazza a tema con lui (es Super Mario e Principessa Peach).
Tutto il ricavato della festa verrà poi devoluto alla ricerca svolta da istituti che si adoperano ogni giorno per la lotta contro il cancro alla prostata e alle malattie maschili. (fonte: volantino Movember)

In definitiva, riprendendo quanto dicevo prima, per questa buona causa si può anche fare il sacrificio di indossare i baffi per una sera (tutto il mese di novembre è ancora troppo però, non sono psicologicamente pronto ad un passo del genere; dovrei eliminare tutti gli specchi sulla faccia della terra prima di tenermi i baffi).

Chiudo il post con le regole da osservare per l'evento:

          1. Radersi il primo di novembre;
          2. Iscriversi a Movember.com;
          3. Coltivare il proprio baffo per tutto il mese;
          4. Far conoscere cos'è Movember;
          5. Partecipare ad un evento.



04/10/12

68 - Il disastro del Vajont: 9 Ottobre 1963

Vajont è il nome del torrente che scorre nella valle di Erto e Casso e che confluisce nel Piave, nei pressi di Longarone e Castellavazzo, in provincia di Belluno.
Le comunità di questi paesi vennero sconvolte dalla catastrofe che avvenne il 9 ottobre 1963 in seguito alla costruzione della diga che provocò la frana del monte Toc all'interno del bacino artificiale creatosi alle spalle della struttura con la conseguente onda che portò alla distruzione dei paesi ed un numero di circa 1800 vittime.
Ma partiamo dall'inizio. Nel 1940 il geologo Dal Piaz, consulente della SADE e autore delle principali relazioni geologiche che accompagnarono i progetti della diga, diede una descrizione dei luoghi in cui doveva essere realizzata la struttura: " [...] la parte inferiore della vallata del Vajont, che confluisce nel Piave di fronte a Longarone, viene citata come esempio classico e suggestivo di profondissima gola che s'interna nei monti a guisa di gigantesca spaccatura. In questo punto la gola è così angusta e profonda da richiamare alla mente i classici canyon degli Stati Uniti. Anche qui, come nei canyon dell'America settentrionale, il fiume scorre in una profondissima fessura a forma di tortuoso corridoio, i cui fianchi si ergono a pareti verticali per considerevoli altezze [...]".

In seguito ad una serie di proposte di progetto, anche a causa delle pressioni del Governo, ci fu un'accelarazione nell'iter progettuale che portò alla realizzazione di una serie di elaborati secondo cui la diga doveva presentare le seguenti caratteristiche:
  • quota di fondazione: 463,90 m
  • quota di coronamento: 725,50 m
  • quota di massimo invaso: 722,50 m
  • altezza massima: 261,60 m
  • lunghezza del coronamento: 190,50 m
  • spessore alla base: 21,11 m
  • spessore alla sommità: 3,40 m
  • volume di calcestruzzo: 353.000 mc
  • corda dell'arco medio di testa: 169,0 m 
Gli scavi iniziarono nel 1956 ed i lavori si conclusero nell'agosto del 1960.
La diga fu riempita e, in seguito ad una serie di invasi e svasi, venne raggiunto il livello di 710 m, 10 oltre il limite di sicurezza. In questa occasione ripresero i movimenti della massa franosa e la falda freatica riprese a risalire, benché questo fosse attribuito alle precipitazioni meteorologiche. Nella riunione tecnica tenutasi il 18 di settembre, l'ing. Biadene, subentrato allo scomparso Semenza, fece presente che se i movimenti non si fossero arrestati prima della fine del mese, avrebbe proceduto ad uno svuotamento parziale del bacino fino a quota 695, ritenuta da tutti come quota di sicurezza per eventuali imprevisti.
Nell'ultimo mese precedente la tragedia i cittadini della valle del Vajont erano certamente impressionati da quanto succedeva: i boati che scuotevano continuamente il terreno non inducevano di certo all'ottimismo. 
Il 27 settembre iniziò l'ultimo svaso, dapprima lento, quindi sempre più veloce. Purtroppo questo ultimo estremo intervento non riuscì ad evitare il peggio.
 Alle 22.39  del 9 ottobre 1963 una frana (si parla di circa 270 milioni di mc di roccia) si staccò dal monte Toc provocando ue ondate: la prima, a monte, fu spinta ad est verso il centro della vallata del Vajont che in quel punto si allarga. L'abitato di Erto fu miracolosamente risparmiato ma vennero distruttue le frazioni più basse lungo le rive del lago(Frasègn, Le Spesse, Cristo, Pineda, Ceva, Prada, Marzana e San Martino); la seconda superò lo sbarramento della diga e si diresse verso valle spazzando via ogni ostacolo. La stretta gola del Vajont compresse l'onda facendolo acquisire ancora maggiore energia che la portò a raggiungere i 70 metri all'uscita dalla vallata e a distruggere con una forza terribile l'abitato di Longarone.
Alle prime luci dell'alba l'incubo, che aveva ossessionato da parecchi anni la gente del posto, divenne realtà. Gli occhi dei sopravvissuti poterono contemplare quanto l'imprevedibilità della natura, unita alla piccolezza umana, seppe produrre. La perdita di quasi duemila vittime stabilì un nefasto primato nella storia italiana e mondiale........... si era consumata una tragedia tra le più grandi che l'umanità potrà mai ricordare.

02/10/12

67 - I percorsi della memoria

Domenica 30 settembre ho partecipato alla gara podistica non competitiva "I percorsi della memoria" suoi luoghi del Vajont. La gara, prevedeva un percorso che si snodava tra i tratti di strada interrotti o distrutti nel disastro del Vajont del 9 ottobre 1963 e che hanno caratterizzat storicamente le vie di collegamento tra al Valle del Piave e la Valcellina, nonchè sentieri quali antiche vie di comunicazione a piedi per le genti di Casso, di Erto, di Castellavazzo e Longarone.
Come si legge nell'opuscolo informativo, è stato un suggestivo passo indietro nel tempo poter percorrere tracciati ricchi di storia come la vecchia strada del Colomberm le gallerie, il ponte canale, la cava dei Pascoli, l'intero coronamento della diga, attraversare la frana del Toc, transitare per la vecchia Erto e poi per il trui dal sciarbon, salire a Casso, scendere a Codissago per il troi de Sant'Antoni e raggiungere Longarone per la zona di Malcolm.

Erano previsti 3 tipi di percorsi: un percorso "A" di 10 km circa, un percorso "B" di 17 km (quello corso dal sottoscritto) ed un percorso "C", più lungo, di circa 25 km.
Devo dire che i 17 km sono stati meno faticosi del previsto, nonostante ho avuto qualche difficoltà in alcune salite che risultavano essere piuttosto ripide, tanto da dover essere superate camminando ed in fila uno dopo l'altro. Correre nei pressi della diga e sul coronamento della stessa avendo la possibilità di osservare da vicino l'imponenza della struttura  non ha veramente prezzo, soprattutto per un ing.idraulico come me che tali strutture le ha studiate solamente sui libri!Ed è veramente sensazionale come questa meraviglia di ingegneria sia stata costruita con i mezzi e le conoscenze dell'epoca (anni 50 del secolo scorso), arrivando ad essere, a fine lavori, la diga più alta del mondo con i suoi 261.60 m all'altezza dello sbarramento.
 
Purtroppo essa è ricordata in modo per particolare per il disastro del Vajont avvenuto il 9 ottobre 1963, ma continua a mantenere inalterato il suo fascino ed ogni volta che ne ho l'occasione e sono nei paraggi non manco di andare a scattare qualche foto.

La giornata podistica è stata dunque molto piacevole, anche perchè il tempo è stato clemente e ci ha accompagnato con una leggere pioggia solamente per qualche tratto del nostro percorso per poi scatenarsi nel pomeriggio quando ormai tutti i partecipanti erano giunti al traguardo.
La manifestazione, giunta alla 7^ edizione, risulta essere, secondo me, un'ottima opporunità e stimolo per le nuove generazioni (anche la mia) che non hanno vissuto direttamente la sciagurata vicenda del 1963, a conoscere e ad informarsi su quanto avvenuto, per poter ricordare le persone scomparse ed impedire che eventi catastrofici di tale entità non avvengano più. Credo che molti dei partecipanti alla manifestazione la pensassero come me, perchè fonti ufficiose parlano di circa 5500 podisti e di oltre 10000 persone che hanno preso parte alla giornata.

Nel successivo post mi occuperò di presentare il disastro del Vajont sopra richiamato, oggetto della gara podistica a cui ho partecipato.